Info

foodserviceweb.it – Le versioni senza alcol o a bassa gradazione alcolica di vino, birra e liquori continuano ad essere una nicchia di mercato, ma è evidente che si tratta di un comparto in forte crescita. E i dati raccolti da Areté lo confermano: +18% negli ultimi due anni.

Le alternative low o zero alcol costituiscono un settore che attualmente vale 7,5 miliardi di euro solo in Europa; un numero che, secondo i dati pubblicati da Food Service, è sicuramente destinato a crescere. I dati sono il frutto di una ricerca sui consumi delle versioni a basso tasso o zero-alcol di birra, vino e bevande alcoliche condotta da Areté per conto della Commissione europea.

Dall’indagine è emerso che i paesi che guidano la classifica europea sono Francia, Spagna e Germania, dove è la versione senza alcol della birra ad occupare il primo posto fra le imitazioni delle bevande alcoliche più vendute, con oltre 2 miliardi di euro. Tuttavia, in questo contesto, pian piano si stanno facendo strada anche le “repliche” del vino e degli spirits, business che al momento valgono rispettivamente 322 e 168 milioni di euro.

Per quanto riguarda l’Italia, però, analizzando i dati ci si rende subito conto che la situazione è leggermente diversa: qui ci troviamo agli inizi, dal momento che tale segmento rappresenta ancora una nicchia, contribuendo a meno dell’1% del mercato di riferimento. Infatti, lo studio Areté stima un valore di circa 8 milioni di euro per il mercato delle alternative ai superalcolici: un numero molto ridotto se messo a confronto con i 78 milioni della Francia. Ciononostante, in un quadro generale di stabilizzazione o riduzione dei consumi di alcolici, il comparto ha registrato una crescita del 18%.



Tuttavia, secondo quanto afferma anche Enrica Gentile, project manager di Areté per il progetto Ue, “il mercato delle bevande low/no alcohol diverse dalla birra è ancora in una fase iniziale di sviluppo in tutti i paesi membri, e le relative dinamiche sono ancora in grande evoluzione, ma le attese per i prossimi anni sono di crescite complessive a due cifre”.

Che ci siano ancora molte questioni da risolvere lo dimostra chiaramente il fatto che, ad oggi, non esistono ancora una definizione legale di “bevanda alcolica” e un quadro normativo condiviso dai vari paesi europei. L’unica cosa certa è il divieto di etichettare come gin, vodka o whiskey quei prodotti che ne imitano il sapore, ma hanno una gradazione alcolica ridotta.

Proprio sull'etichettatura, lo studio di Areté sottolinea la necessità di lavorare per garantire maggior chiarezza a consumatori e operatori, senza dimenticarsi però di tutelare i prodotti tradizionali per i quali l'Europa è celebre in tutto il mondo.